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PERSONAL SEGRETO

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   Nel nebbioso verde agricolo della “bassa Emiliana” di 30anni fa Marte si distingue per la sua “modernità”: divorziato, un lavoro pieno e stressante sui computers, finalmente in ferie!  Vicini quasi sconosciuti (come capita normalmente in condominio), in partenza, gli affidano il loro cane… Il giorno seguente un ladro nell’appartamento dei vicini rischia di farlo saltare in aria col gas… Il giorno dopo scopre che i vicini sono deceduti in un incidente, con l’auto pirata sparita!   Decide di indagare con l’aiuto della portinaia (con la quale non ha proprio rapporti idilliaci).  In quei giorni compaiono notizie apparentemente non collegabili, come il rapimento all’argentario del figlio di gente facoltosa e la scarcerazione di un noto mafioso! Nessuno dei parenti dei Franci vuole riprendersi il cane,  col quale però intanto ha trovato un’ottima intesa.  E’ proprio il collare dell’animale che lo porta al negozio di articoli per animali e da qui al padre della signora Franci, pensionato in un istituto sui colli. Questi gli chiarisce, non sapendo che è morta, che la signora Franci è sua figlia, che ha un nipotino in ferie all’argentario, e che i Franci hanno una casa in campagna in vendita.  Al ritorno Marte si ferma presso il custode della casa fingendosi interessato all’acquisto, poi vi torna accompagnato solo da un’amica che si finge sua moglie per avere le chiavi dal custode. Perquisiscono la casa e vi trovano 2 indizi: un pacchetto di droga e un indirizzo sconosciuto, di una grossa città turca.  Marte informa di tutto l’ambasciata, che risponde evasivamente.  Un’idea improvvisa gli fa scoprire dei negativi di foto: corre a svilupparle da un amico fotoamatore e scopre di conoscere uno dei due personaggi impressi, ovvero un noto mafioso in soggiorno obbligato… Con uno strattagemma lo fa uscire in auto e lo segue, nella nebbia, fino ad un palazzo alla periferia della città, presso un noto avvocato. Distrutto dalla tensione Marte corre via, mentre nello studio, accortisi che qualcuno li sta spiando, si decide di indagare per eliminare il problema! Difatti il giorno dopo un giovane sconosciuto si presenta al condominio di marte e non ha nessuna difficoltà a farsi dire quello che gli serve dalla portinaia! Quando Marte ne viene a conoscenza, si preoccupa subito di far sparire la ragazza che si era finta sua moglie (cn la fortunata collaborazione del custode del circolo tennis) poi, furivamente, torna a casa per recuperare droga e foto… Torna casa e la trova sottosopra, sparite droga e fotografie.  Corre alla casa di campagna per cercare altra droga, ma il killer lo aspettava. Il cane si sacrifica e lo salva: disperato, Marte raccoglie la pistola del malviventee si precipita dal boss per vendicarsi. Ma sono già stati tutti giustiziati… Un indizio lo porta all’autista dell’autocarro che aveva provocato la morte dei Franci. Questi, spaventato, lo porta al prigione del bambino sequestrato, dove vengono però sorpresi dalla poliziaqualcuno li ha giocati!.. Disperato, Marte riesce a fuggire a rotta di collo, si nasconde in centro città, poi pensa di chiedere aiuto ad un vecchio, caro amico di scuola.  Scopre con piacere che questi, che non è sposato, è diventato giornalista di cronaca nera e che intende aiutarlo: quando però gli telefona, confidandogli di aver trovato una traccia sicura, che invece Marte giudica molto pericolosa…

10° parte:  IL TEMPO STRINGE…

Cercò di scaricare la tensione girando attorno al tavolo e riflettendo con calma; ma al ventitreesimo giro sembrava che l’ulcera gli scoppiasse.  Un’idea improvvisa... ma certo, forse un modo c’era!  Corse in camera dalla vecchia signora, la svegliò e la convinse a farsi accompagnare da una delle sorelle che abitava ad una decina di chilometri. Mentre la donna si vestiva, si infilò in tasca una forchetta, il telecomando speciale, recuperò il registratore col suo nastro, che portò in posizione, gli montò tre pile nuove che aveva trovato nel mobile e recuperò i cavi di collegamento.  Controllò che questi fossero compatibili con quelli del computer: OK!  Allora cercò l’agenda dell’amico; nella prima pagina c’erano tutti i dati che lo riguardavano: lo strappò e se la mise in tasca.

La madre di Carlo uscì di camera non ancora del tutto convinta, ma Marte non le diede il tempo di obiettare: la prese sottobraccio e se la trascinò lungo le scale fino dabbasso.

Non c’era il tempo per trovare un taxi per farsi accompagnare dalle parti della stazione e recuperare la sua famigliare.  Dalla finestra della sua camera aveva notato la vecchia ‘500’ parcheggiata sempre nello stesso punto, lì sotto: con quella sapeva come fare. Si guardò attorno, furtivamente e, resistendo alle domande meravigliate della donna, aprì prima il deflettore, servendosi della forchetta piegata, poi introdusse la mano per togliere la sicura, quindi trascinò la signora in auto.  Staccò i cavi di corrente, li arrotolò insieme, dopodichè tirò la leva di accensione: l’utilitaria borbottò, scodinzolò, sputacchiò, denunciando tutti i suoi anni di intemperie, poi, conscia di essersi lagnata a sufficienza, rombò decisa.  Marte si sentì fiero… l’esperienza di quando, adolescenti, avevano rimesso in funzione un’utilitaria, abbandonata alla demolizione, per costruirsi un “Desert rat” (topo del deserto, ovvero un economico fuoristrada), che avevano scatenato per le umide campagne locali a dispetto degli agricoltori, serviva a qualcosa ora!  Afferrò deciso il volante con entrambe le mani e sterzò di scatto: il secco rumore metallico annunciò la rottura del “bloster”, ultimo ostacolo alla partenza.

Venti minuti dopo Marte aveva scaricato la madre di Carlo dalla sorella e, guidando alla “Ayrton Senna” piuttosto che alla “Niki Lauda”, raccolto in un abitacolo per lui più angusto di una “formula uno”, si diresse verso la zona industriale est.  Guidò come un pazzo, urlando al registratore il “suo finale”; e se nessuno di coloro che lo incrociarono quella sera, scambiandolo per pericoloso, telefonò al “113”, fu solo per la pigra e rassegnata abitudine a tutto che governa le genti moderne.  Impiegò altri venti minuti per giungere a destinazione: erano le dieci e trenta.  Scese dall’auto con registratore e cavi nella mano destra e telecomando nella sinistra e lo puntò contro il cancello. “I codici sono fatti per essere decodificati...”  Disse fra sé e sé nell’estrarre la pagina strappata dell’agenda di Carlo dalla tasca: “...Si comincia con l’assumere la data di nascita e le iniziali e farne un bel pasticcio... tipo codice fiscale...” Provò, ma non funzionava. Riprovò con lo stesso numero di codice fiscale integro, ma nemmeno quello andava. Fece la stessa cosa con tutto ciò che trovò sul foglio, ma i cancelli rimanevano immobili. Marte cominciò a sudare freddo: dannazione, ma cosa diavolo aveva codificato l’amico?..  “Un momento!” Si agitò speranzoso: “Questo maledetto codice devono usarlo in tre: Carlo, il suo amico programmatore ed il portiere, per cui non può essere una cosa personale, ma una cosa in comune a tutti e tre... ma cosa?   Di fianco al cancello faceva bella mostra una targa in ottone con la data di apertura del centro.  “E se fosse questo il codice?” Si chiese Marte…

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